Maggio, anno COVID19. Eventi annullati, socializzazione fisica annullata, diffidenza aumentata, parchi inaccessibili. Comincia la reclusione dell’umanità. Improvvisamente quel mondo guardato con circospezione diventa la nostra breccia verso la libertà: il Virtuale.
I balconi diventano barricate dove esorcizzare la paura con canti e motti di speranza. Il web diventa una piazza ancora più affollata rispetto al solito. Si cucina, si canta, si guarda il sesso, si ama, si odia, tutto attraverso uno schermo.
Un virus ha tolto vite a molti ed ha concesso nuovi modi di vivere ad alcuni. L’uomo ha indossato maschere visibili ma ha tolto le sue maschere invisibili: di compiacimento, di perbenismo, di collettività. Così accanto alla fazione degli “eroi” più o meno visibili di una società, si è contrapposta la fazione delle scorie.
Pollution è il ritratto di una società che tende a vedere l’individualismo non come identità utile alla pluralità delle differenze, ma come imposizione del proprio credo sull’altro.
Una scoria radioattiva che nuoce a sé, agli altri ed a tutte le generazioni future. Una guerra civile basata sulla diffidenza e lo scetticismo verso l’altro, verso il vicino con cui si condivideva il silenzio in ascensore.
Pollution è la violenza delle parole scaturite da bocche non pensanti, da cuori e menti inquinati. L’istintività non è il problema, il problema è l’inquinamento interiore.
Pollution è tornare con avidità ad un mondo basato su un pensiero capitalistico, dove la produttività, la quantità vale molto più della qualità della vita dell’uomo, che dopo secoli trova a dover vivere sulla propria pelle ancora il dilemma “lavorare o vivere”.
Pollution è il mio modo di rappresentare le grida, le paure, le scuse di una società che incerta non sa cosa sta lasciando ai posteri, cosa sta costruendo per i figli dei nostri figli.
Pollution è il modo in cui verranno metabolizzate queste immagini dall’osservatore.
“Noi speriamo in un mondo che riesca a migliorare la qualità della vita di tutti: l’ambiente, la possibilità di conoscere, la possibilità di comunicare e di informare. E, soprattutto, la possibilità di eliminare tutto quello che è oggetto per distruggersi come le armi, le guerre, la pena capitale. Ed io credo che già quello sarebbe un grande cambiamento” – Gian Maria Volonté